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A casa di mio nonno c'erano parecchie gabbie di uccelli. Cen'erano sempre state, che io ricordi e anche prima della mia nascita, poiche' il nonno, oltre ad essere un
accanito cacciatore, allevava. Portava a vendere i frutti delle sue fatiche e cove in un'antica uccelleria di Savona, che ora non esiste piu', e ci passava con me le
mattinate, fra chiacchiere ornitofile, cinguettii, vendite.
Teneva perlopiu' indigeni, ma c'erano anche canarini gialli canterini, razza ora perduta, degli incardellati, e i primi diamanti mandarini arrivati dalla Francia.
Arrivai dunque in questo mondo alato, poiche' ero nata in un luogo selvaggio dell'Appennino emiliano ligure, dove non esistevano medici pediatri ne' alimenti per un
pulletto umano nato di sette etti, a sette mesi, e sopravvissuto senza l'incubatrice, le cure pre-cova e il Fungilin.

Dunque dall'eta' di 6 mesi eccomi a coabitare con nonni, zia e uccelli. Ogni tanto vedevo i genitori. Vissi questa storia pressapoco negli anni dell'asilo. Mio nonno
mi sollevava per farmi osservare i piccoli nei nidi. Mi leggeva "Il Giornale degli Uccelli", partecipavo alle riunioni di amici appassionati. Lavavo anche giornalmente
le cacche dai fondi con una spazzola di ferro. Un'incombenza fastidiosa che mi ritrovo adesso al tramonto della vita e il cui ricordo mi fa sorridere, per gli strani
scherzi che fa il destino.
Tornando dunque al nocciolo della storia, e' bene sapere che i pettirossi sono cosi' confidenti con gli uomini, perche' dal loro lavoro agricolo traggono ricompensa
di insetti e vermetti carpiti alla terra smossa dalle zappe. Ma questo era molto piu' "avanti" dei conspecifici, e aveva scoperto che ben altro e piu' succulento si
poteva ottenere dagli uomini, ed essendo ormai l'inverno alle porte, comincio' a guardare con avidita' l'abbondanza dei cibi serviti in tavola e ad apprezzare il
tepore casalingo. Diede cosi' inizio al suo piano per un inverno di lusso.
Prima furono frequenti visite sui davanzali delle finestre, battendo il codione, facendo mossette da attore provetto, per procacciarsi vitto e alloggio gratis, senza
dover pagare il pedaggio della gabbia.

Mia nonna gli allungava briciole e vari saporiti avanzi di cibo. Nella stessa cucina enorme erano allineati i gabbioni degli uccelli domestici... Comincio' quindi a
entrare in casa e saltellarvi sopra, sempre in cerca di cose da mangiare.
Quando venne l'inverno, e pur essendo la localita' in Liguria e non troppo distante dal mare, il vento soffiava sempre gelido e talvolta nevicava. Il pettirosso penso'
che era stupido vivere fuori al freddo e con la pancia vuota, mentre poteva stare in paradiso dentro casa...
Quindi resto' dentro, pur essendo regolarmente aperte porte e finestre attraverso le quali volar via. Io tentavo di acchiapparlo e allora svolazzava via intorno al
tavolo per sfuggirmi e salvarsi su un braccio del lampadario. Se la nonna impastava, lui saltellava sulla sfoglia lasciandovi ricami di orme, se c'era sul tavolo
carne tritata ne rubava dei pezzetti, poi tutto soddisfatto saliva sul manico del macinino da caffe', in alto sulla cappa della stufa.
La piu' bella la fece a mia zia, andando a infilarsi in una tasca del suo pigiama per dormire, mentre lei aspettava infreddolita il risveglio spontaneo del pennuto.
Finche', non potendone piu', lo desto' con un buffetto e lui volo' via con cinguettii di protesta sul braccio del lampadario.

Benche' eccezionalmente confidente, non si lasciava mai toccare o afferrare, ne' si posava addosso a qualcuno. Furono gli aromi della primavera a chiamarlo dal mondo
fuori dalle finestre. Giravano avvenenti pettirosse e tutti erano occupati con nidi, cove, piccoli...
Fiutato un vento nuovo e brezze piene di segnali di rinata vita, il nostro ospite prese la sua giusta decisione e volo' verso una spalliera di limoni, dove mise su
famiglia. Ma ogni tanto veniva a trovarci in cerca di ghiottonerie e rapido volava verso il suo amore...
E come in una fiaba, vissero tutti a lungo felici e contenti!!!
Racconto di: Mariella Bernacchi 
Foto: Rete Internet
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