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Lo raccolsi per terra, caduto dal nido. Sotto il "casotto" di zio Natale. Lo chiamai Cipollino, Cip per abbreviare. Gli dissi: "Piccolo, non puoi sopravvivere, io ho
solo sette anni e non ti so allevare". Lo deposi in un cestone appoggiato sul balcone, perche' la sua mamma lo potesse ritrovare. Non fu cosi'. L'uccellino a piu' non
posso cinguettava, cinguettava... venne la sera, ma nessuna mamma gli si avvicinava. Andai a caccia di insetti; grilli, mosche, libellule e anche teneri vermetti.
"ce la mettero' tutta". Gli dissi. E lo allevai. Lo mettevo fuori ogni giorno dalla gabbia e in giro per la stanza gli insegnavo a volare. E lui imparava, obbediva se
lo chiamavo, si posava su una sedia, su una spalla e non se ne andava. Si era addomesticato.
Passo' circa un anno e quella notte avevo lasciato la gabbia in cortile. L'inverno era passato, non c'era più freddo, ma io nel letto non riuscivo a dormire; pensavo
al passero rimasto fuori. Quella notte sognai l'uccellino: lo avevo in mano, era addormentato, aveva sul capo una brutta ferita e non sembrava dar segni di vita. Il
giorno dopo andai da Cipollino; lo portai nella sua stanza, dove fece un volo. Quando ritornai la finestra era socchiusa. Cip non c'era piu'. Lo cercai in giardino,
non poteva esser lontano; era addomesticato e lo avrei certo ritrovato.
Infatti ecco, la voce di Cip. E io la imitavo come per gioco. Ma quel cinguettio divenne piu' forte, sempre piu' forte, piu' disperato, poi sempre piu' debole, sempre
piu' fioco. Con vivo sgomento pensai: "Il gatto!". Ed eccolo infatti; lo aveva agguantato. No, non doveva far quella fine e con uno scatto lo strappai dagli artigli,
poi corsi lontano... mi fermai: ecco, l'avevo in mano, l'infelice uccellino, che chiuse gli occhietti e crollo' il capino. Morto, proprio come in sogno. Ridendo, i
miei fratelli, chiedevano: "che fai?" Io non rispondevo... e con le mani scavavo per terra, mentre piangevo. Lo sotterrai poi scappai nel "casotto". "Ho perso un amico"
mi dissi, anche se "in fondo era soltanto un passerotto". Ma era il mio passerotto, era
il mio Cip.
10 maggio 1969. Per consolarmi della perdita del piccolo Cip, oggi lo zio Natale mi ha portato un corvo. Voglio provare ad allevarlo. Dato che i gatti del
cortile mostrano un certo interesse per questo uccelletto (come pure Kim, il cane da caccia), lo zio mi ha consigliato di chiuderlo in una gabbia e siccome questa
gabbia si trova dietro una pianta di cachi, il nome che daro' al mio grazioso amico sara' Caco. 7 luglio 1969. Da alcuni giorni Caco e' libero in cortile, ma
non sa ancora volare; cammina soltanto come le galline. Oggi e' inciampato in un buco e si e' fatto male a una zampa. Ho chiamato mio zio che, dopo averlo soccorso,
lo ha riportato nella sua gabbia.
3 marzo 1970. Oggi io e mio zio abbiamo fatto uscire Caco dalla sua gabbia. E' cresciuto abbastanza e sembra meno impacciato. Poco dopo ho visto Kim che
passeggiava con un uccello tra i denti. Ho guardato bene e ho visto che era Caco. Ho detto a Kim di posarlo immediatamente, ma lui faceva finta di niente. Con molta
delicatezza, sono riuscita a levarglielo dalla bocca e dopo averlo avvolto nella copertina della mia bambola, l'ho consegnato a mio zio il quale ha concluso di
rimetterlo in gabbia. 20 aprile 1971. Caco e' diventato un bel volatile dalle grandi ali nere e un becco abbastanza robusto da potersi difendere. E' libero di
andare dove gli pare, il fatto e' che non si accontenta di beccare il naso a Kim ma anche quello delle persone che lo osservano un po' troppo, le dita dei bambini che
tentano di afferrarlo e le gambe dei visitatori quando la visita si prolunga oltre un certo limite.

Lo zio Natale non teme il suo becco: avvicina adagio la sua mano verso di lui e gli gratta la testa. Lui soddisfatto, se ne sta immobile, facendo roteare gli occhi.
21 maggio 1971. Il passatempo favorito di Caco e' quello di appollaiarsi sul muricciolo che da' sulla strada e dire ciao a tutti quelli che passano. Il suo
ciao è un "crao", mentre con l'ala fa una specie di riverenza. Ma dato che oggi un passante e' venuto a chiedere che razza di uccello fosse quello che gli era volato
in testa, so gia' che tra non molto verra' rinchiuso di nuovo. 18 maggio 1972. Caco e' stato rimesso in liberta', ma non c'e' verso che diventi piu' giudizioso.
Ne combina di cotte e di crude: slaccia le scarpe ai visitatori, fa saltare in aria le pinze da bucato ogni volta che la mamma stende, batte contro i vetri quando vuole
entrare in casa e, una volta entrato, ficca il becco dappertutto portando via oggetti vari.
Ruba il sapone alla nonna Delfina quando, in cortile, lava i panni nel mastello e a me tocca rincorrerlo per tutto l'orto e sembra che lo faccia apposta a posare a
terra il sapone per aspettarmi e ripartire con il sapone nel becco non appena sto per raggiungerlo. Quando infine riesco a prenderglielo, o meglio, quando lui si
decide a restituirmelo, quel povero sapone da bianco e' diventato marrone e per poterlo riutilizzare occorre raschiargli via la terra del quale e' ricoperto. L'ultima
che ha combinato? Mio zio seminava i piselli e Caco di dietro li disotterrava e se li mangiava e alla fine della semina, mio zio si e' reso conto che i piselli erano
andati tutti nella pancia di Caco. Questa e' stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso e Caco sara' condannato alla gabbia questa volta per sempre. Ma
io so gia' che questo proposito non verra' mantenuto e tra non molto il simpatico animale sara' di nuovo libero.
Settembre 1973. E' bello giocare con il mio amico Caco. Ogni giorno apro la porta della sua gabbia e mi diverto a farlo svolazzare in giardino. Nella gabbia di
Caco ci sto dentro anch'io perche' e' molto spaziosa; e' come una casetta appoggiata sul terreno. All'interno vi e' un grosso cumulo di sabbia per giocare e una ciotola
d'acqua per bere. Quando io e mio zio gli portiamo da mangiare, questo curioso uccello, una volta afferrato il cibo, lo va prima a immergere nella sua ciotola d'acqua.
Tutto cio' che avanza lo sotterra con cura in un angolo della sua gabbia, la sua dispensa privata, che poi ricopre di sassi rametti e terriccio. All'occorrenza, tira
fuori il cibo nascosto, lo lava e se lo mangia. Il bagno e' la sua grande passione: per questo possiede un grande recipiente pieno d'acqua dove tuffarsi quando lo
desidera.
Novembre 1974. Caco oltre a dire "ciao" fa anche uno strano verso; pare che dica "Hallah" e quando lo dice vuol dire che piove. Oggi per esempio, ha invocato
"Hallah" tutta la mattina e adesso sta piovendo. Riguardo alle previsioni del tempo sta diventando utile. A Caco piacciono molto i formicai gremiti di formiche
e, una volta mangiate tutte le uova, allargare le ali per consentire alle formiche di salirgli su e giu' per la schiena facendogli il solletico. E poi rovesciarsi
addirittura a zampe all'aria girando allegramente su se stesso, cercando al tempo stesso di acchiappare le formiche che gli salgono sulle piume. A parte questa curiosa
esibizione, il corvo e' diventato piu' tranquillo e trascorre la maggior parte del suo tempo all'interno della gabbia, ormai costantemente aperta.
Lo zio Natale venne a mancare il primo aprile del 1987. Fu un giorno molto triste per me. Da allora del corvo si perse ogni traccia. Quando vado al Camposanto,
davanti alla foto di mio zio, mi torna in mente anche il nostro vecchio amico sparito misteriosamente proprio il giorno del suo funerale e allora dico: "Zio, mi sa che
il suo padrone eri proprio tu".
Racconto di: Patrizia Baldi 
Foto: Rete Internet
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