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Avevo quattordici anni, era il mio primo anno di Liceo, e avevo da poco conosciuto un dolore che tutti gli umani prima o poi provano: era morto mio nonno da pochi mesi,
dopo un ricovero di un anno e mezzo. Io ed il nonno eravamo complici. Allevavamo canarini ed altri bellissimi gioielli alati. Al suo ricovero in ospedale i miei
genitori tentarono di farmi ragionare, ora che non c'era piu' il nonno dovevo pensare a studiare, non ero in grado di curare tutti quegli uccelli. Mi riecheggiano
ancora quelle voci: - "Ma scusa, pensi forse di essere in grado di dar da mangiare a tutti, pulire tutte le gabbie e le voliere da solo? Tuo nonno era in pensione ed
aveva tempo..."
"Perche' non dai via tutti quegli animali da niente e non ti prendi un animale solo, ma da soddisfazione, un bel cane?..." - "Ti prometto che, se dai
via i canarini, io e tuo padre ti portiamo in vacanza ad Amalfi..." - "E' vero, quello che dice tua madre, cioe' che non vuoi smettere quelle schifezze, guarda, adesso
che non c'e' piu' il nonno te lo dico, mi hanno sempre fatto schifo, non ve l'ho mai detto perche' piacevano a voi due, ma adesso..." - "Ti accorgerai cosa vuol dire,
avere delle responsabilita' , tu non sei in grado...." I miei due vecchi non sapevano molto delle teorie moderne sull'autostima dei figli e sulla loro capacita' di
autodeterminazione, ma quelli erano i tempi.
Per fortuna si dice che i matti capitino a tre per tre, non da soli o a due alla volta, e qui salto' fuori il terzo matto, anzi la terza matta. Io ero il felice
proprietario di una zia senza figli, sorella di mia madre, che mi gestivo come ne avevo voglia. Chiesi quindi aiuto a lei. All'idea di rompere i fichi nel cavagno a
sua sorella, fu felicissima, anche perche' allevava lei stessa canarini, e ci scambiavamo spesso soggetti al bisogno. Dato che la zia non era proprio un fiore di
salute, avendo avuto quattro infarti, decisi di ridimensionare la Ditta, ed eliminai il settore Cocorite (che a quei tempi non si potevano chiamare cocorite, ma
Pappagallini o Melopsittaci Ondulati, specialmente nei temi a scuola), e, con grandissimo rammarico, il settore Ploceidi.
In cambio, avrei continuato a fare il pusher
con la zia, cioe' le avrei comprato le sigarette in cambio dei suoi servigi. Infatti, il fumo le era proibito tanto quanto l'aglio ad un vampiro, ma lei contravveniva
al divieto, fumando sigarette "Pack" al mentolo, ed eliminando quindi il rischio di essere scoperta dall'alito. Era una donna molto bella e alta, ma anche un po' fuori
dai canoni, fuori dalle righe. Mi aiuto' moltissimo, tra i dodici e i quattordici anni acquistai grazie a lei un bagaglio non tanto di conoscenze teoriche, ma pratiche,
su come risparmiare sabbia e mangime, come lavare con meno fatica, come fare il pastoncino, e cosi' via. Tutte cose altrettanto importanti che saper fare le coppie di
Arricciati, o inventarsi un'ibridazione.
La premiata Ditta poteva cosi' ripartire, coi settori Arricciati del Sud, Rossi lipocromici intensi, ibridi, oltre alle balie e a Gennarino, una Cornacchia nera
maschio, soccorso da piccolo, e rimasto come mascotte. I miei genitori passarono un brutto momento, mi chiesero se ero deficiente o maniaco, che ci voleva lo
psichiatra, mia madre inscenava delle commedie da avanspettacolo, dicendo che la zia sarebbe MORTA, lo diceva proprio in maiuscolo, ed io rispondevo che non stessero
a prendersela, il mondo non finiva li', nessuno sarebbe morto, e se mi avessero cacciato, sapevo dove andare, quindi basta, un po' di serieta'!... Non si accanirono
troppo con la zia, sapendo che la sua vita era attaccata ad un filo sottile, o cosi' credevano, chiamarono anche il prete, don Paolo, che gli rispose "cosa volete, se
sapeste cosa potrebbe succedere ad un ragazzo al giorno d'oggi...." Cosi', avanti a tutta forza!!!
Quell'anno, per la verita', le cove non furono brillanti. Troppi cambiamenti per quasi due anni filati, la decisione di vendere questi o quelli non era stata presa
sui due piedi, ma sempre col fiato sul collo di mia madre, troppo stress, avevo fatto pochi piccoli. Conobbi, pero', a scuola, un ragazzo che aveva il mio stesso hobby,
allevava Gloster, veniva da una famiglia assolutamente senza macchia e senza paura, e riuscii, presentando in famiglia prima lui e poi i suoi genitori, ad ammorbidire
un po' la testa ai miei due bietoloni. Con questo ragazzo, inizio' un interscambio di dati e di informazioni, e decidemmo di mettere gli sforzi in comune per una
migliore riuscita. Una grossa difficolta', a quei tempi, era data dal periodo delle vacanze. Non era come adesso, che le vacanze durano tre giorni a Nanga Parbat,
piu' cinque di aereo.
Allora si stava via dai venti giorni ad un mese, al mare o ai monti. I canarini venivano di solito affidati per quel periodo ad un vicino di casa
anziano, che non andava via, e che se ne prendeva cura in cambio di qualche bottiglia di quello buono. Al ritorno dalle vacanze si contavano i morti, e non esagero.
Dalla femmina rimasta schiacciata sotto il fondo della gabbia, ai novelli scappati dalla voliera, al cardellino morto perche' chi li curava aveva dato a tutti del
mezzo vino invece che acqua per farli rinfrescare (ovviamente con le bottiglie di mio padre) e boiate del genere. L'idea di non dover piu' dipendere dal solito idiota
mi galvanizzo'. Sarei stato libero dalle ingerenze e dalle malefatte del sig. Rosati, un vecchio imbecille come ce n'erano pochi, ma che era l'unico che mi potesse
star dietro ai canarini quando ero al mare, e allora non si poteva neppure pensare di non andar via coi genitori!
Oltre alla Societa' di Mutuo Soccorso, io e Roberto (il ragazzo conosciuto a scuola) progettammo di estendere l'attivita'. Una razza che ci aveva sempre appassionato
era il canarino Lizard, magico uccello sfuggente ad ogni intento classificatorio, razza di disegno piu' che di colore, inscritta per comodita' nel novero delle Razze
di forma e posizione lisce. Ci recammo presso un allevatore pluripremiato della nostra citta' , tale Allodi, individuo non privo di doti, ma sicuramente molto pieno
di se', che fu ribattezzato "Occhiale", perche' cambiava continuamente gli occhiali che portava. Occhiale possedeva dei bei canarini, ci scelse pertanto una coppia, e
noi sanguinammo per pagarla, 90.000 lire di allora, che erano superiori al costo di uno scooter usato, ma fummo ben presto in possesso di un maschio Lizard oro a
calotta imperfetta e di una femmina Lizard argento a calotta quasi netta. Io credetti di sentire nel maschio un rantolo, e dissi che mi sembrava asmatico, ma Occhiale
mi zitti' con una filippica, dicendo che lui non era la' a perdere tempo con dei ragazzini saputelli, che i suoi canarini erano sani come pesci, e baggianate del
genere.
Tenni la coppia io, dato che avevo abbondanza di attrezzature. Il giorno dopo dissi a Roberto che vedevo male il maschio, rantolava e fischiava, poteva avere
di tutto, io avevo messo i due Lizard separati dagli altri, ed avevo somministrato un po' di vitamine, dieta variata, e stiamo a vedere, ma sicuramente avremmo avuto
brutte sorprese. Egli s'incazzo' come un serpente con Occhiale, ma sapevamo entrambi che un animale uscito dal suo allevamento era problema di chi lo aveva comperato,
Occhiale ci avrebbe soltanto fatto fare una brutta figura. Il Lizard mori' dopo tre giorni. Tenni da sola la canarina per una settimana ancora, poi, visto che lei era
sanissima, la introdussi nella stanza di allevamento. Roberto mi aveva ceduto anche l'unico verdone che aveva, un bellissimo maschio preso piccolo, abbastanza
domestico e di due anni. Anch'egli passo' dalla stanza di quarantena a quella di allevamento, sempre in una gabbia diversa da quella della canarina Lizard.
Non avevamo voglia di tornare da Occhiale a farci imbrogliare per la seconda volta, ne' di sentire quanto era bravo e quanto era furbo, e quante donne aveva posseduto
da giovane, e di quanta acqua doveva passare sotto i ponti perche' noi mocciosi potessimo pensare di essere bravi e furbi quasi quanto lui, ed avere la speranza di
vedere una donna in cartolina; chiedemmo in giro a tutti i soci dell'Associazione, ma a Parma quella primavera non c'erano maschi Lizard oro in cerca dell'anima
gemella. Cosa fare? Mi dispiaceva tenere una femmina di rango disoccupata, causandole stress ormonali e quant'altro. Pensai di mettere al mondo delle balie. Presi un
canarino giallo pezzato, molto canterino, e glielo misi nella gabbia, stando a vedere.
Ero certo che non avrebbero dato problemi. Un paio di pomeriggi dopo, fu mia
zia a dirmi che avevo messo insieme due maschi. Come, due maschi? In effetti, nella gabbia della Lizard c'era una bella lotta, in corso. Botte da orbi. Tolsi il
maschio, controllai la femmina, era femmina, pensai che fosse un po' indietro e che non volesse maschi intorno. I Lizard sono strani. Dopo due giorni le rimisi il
maschio, ed essa lo aggredi' immediatamente. Lo tolsi, e le diedi un maschietto giallo chiaro, brinato, ed essa stette ferma. Pensai, boh, si vede che non le piaceva
proprio. Il giorno dopo, assistetti, dopo la scuola, ad un match di lotta libera con le ali. Tolsi il maschio, e decisi di aspettare.
Dopo tre giorni misi il nido e una palla di sfilacci. La giovane cinguettava, richiamando, e sfilacciava la palla. Il giorno dopo il nido era quasi fatto. Rimisi il
primo maschio, niente, il secondo, peggio, botte da comunione. Avevo un Arricciato del Sud, verde, padre di molte balie oltre che di qualche arricciato, non si sa mai,
proviamo! Al vedere un nonsenso del genere che si aggirava per la gabbia, pero', la Lizard girava ad ali semiaperte, facendo un pipipipipipi' minaccioso, mentre
l'arricciato tentava di infilarsi nella mangiatoia. Via anche costui. A questo punto decisi di scoprire perche' noi teniamo in gabbia loro e non loro noi, cioe' volevo
scoprire cosa volesse quella piantagrane.
Forse voleva solamente un Lizard, ma non ce n'erano! Mi sedetti in un angolo e la osservai. Entrava nel nido, qui emetteva un pigolio che per i maschi e' molto
eccitante, intanto che dava la forma al nido stesso. Poi usciva ed emetteva una serie di cirrrp di richiamo. Quasi tutti i maschi le rispondevano, molti si mettevano
anche a cantare, ma in un paio d'ore di osservazione (tanto dovevo studiare filosofia, non l'ho ancora capita adesso, figuriamoci cosa me ne fregava allora!), dovetti
prendere in considerazione l'idea assurda del fatto che il richiamo piu' sincronizzato col suo non era un "cirrp", ma un "cicicici"! Le rispondeva il verdone col quale
aveva condiviso la quarantena! Beh, pensai, tutti le rispondono, vuoi che 'sta matta si sia invaghita di un VERDONE? Basta provare. Presi il Verdone, lo misi nella
gabbia della Lizard, ed aspettai.
Strano, niente botte! Forse non lo riconosce come conspecifico, e quindi non lo identifica nemmeno come maschio, chissa'. I due cominciarono a richiamarsi, la femmina
entro' nel nido, fece il movimento sexy, e zac! Il fulmineo verdone ne approfitto'! All'uscita dal nido sembravano appagati, niente botte, si continuavano a chiamare,
ognuno nella sua lingua. Dopo due giorni, fu deposto il primo di tre uova. Il verdone se ne stava tranquillo sul posatoio, a volte cercava di sdraiarsi a fianco della
femmina, un paio di volte lo vidi in atteggiamento di imbeccata. Nacque un pulcino. Usci' dal nido dopo circa tre settimane. Fu nutrito benissimo e sembrava non
soffrire della sindrome del figlio unico, quel fenomeno per cui i figli unici, stimolando poco l'attenzione parentale, ne ricevono anche poche cure. All'involo era un
uccello verde scuro, con poco lipocromo, a meta' tra un verdone ed un canarino nero avorio. Fu posto in voliera, e raggiunse la maggiore eta', partecipo' a due mostre,
con ottimi punteggi, ma questa e' un'altra storia.
Torniamo ora ai due individui. Dopo la prima, vidi che volevano fare una seconda covata. Li misi in una gabbia piu' grande, di legno, piu' protetta, col nido interno
anziche' esterno. Sempre cinguettando, la femmina fece un secondo nido, depose quattro uova, tre schiusero e nacquero altrettanti pulcini, fotocopia del primo. Durante
la cova, il maschio stava spesso sdraiato accanto alla femmina. Era cortese, pronto nell'imbecco sia della femmina sia dei piccoli. Tra i due adulti continuava
un colloquio, all'apparenza molto intimo e confidenziale, fatto di pigolii sommessi e movimenti teneri. Il maschio cantava sempre meno spesso via via che la stagione
avanzava. La femmina richiedeva l'imbecco quasi solo sul nido, difficilmente se si trovava sul posatoio, ma il maschio era comunque solerte.
Si vedeva che tra i due c'era molta confidenza. Piu' di quella che a volte si vede tra canarini. Con quattro ibridi svezzati, non ebbi cuore di far loro effettuare una
terza covata, li misi in voliera, insieme con i loro pargoli ed altri soggetti, arricciati, rossi, incardellati, ibridi credo di ricordare di Mozambico, di Lucherino,
ed i loro genitori. Dopo un attimo di smarrimento, parvero accettare la nuova condizione. Il verdone era un grande imbeccatore, se qualche pulcinone chiedeva cibo, lui
glielo dava. Notai che, anche in voliera, i due non si perdevano troppo di vista.
Comunque, era luglio, Roberto era al mare, quindi dovetti occuparmi dei miei e dei suoi canarini, ed avevo meno tempo per osservarli. Ogni tanto il sig. Rosati, che
fiutava il suo prossimo licenziamento da coadiutore estivo, li veniva a guardare e puntualmente, indicando la Lizard, mi chiedeva: "Quello cos'e', un fagiano?". Io
rispondevo che era un gambero e tagliavo corto. Andai al mare contento, il primo di agosto, dopo aver riconsegnato a Roberto i suoi gioielli ed avergli affidato i miei.
Al sig. Rosati diedi una boccia di vino come premio di consolazione. Al ritorno trovai tutto perfetto. I rossi nella volieretta con il pastone colorante, gli arricciati
in tre gabbioni, maschi, femmine e novelli. Gli ibridi, i nostrani e le balie ancora in voliera. Gli ibridi crescevano splendidamente, i quattro figli del Verdone e
della Lizard erano robustissimi, bellissimi, ed iniziavano la muta. La Lizard era ancora in voliera con gli altri.
A meta' ottobre cominciava a fare troppo fresco nella voliera esterna, quindi rimisi tutti dentro, nostrani da una parte, canarine dall'altra, e balie in un gabbione.
Gli ibridi del Verdone erano tre maschietti ed una femmina. Erano molto simili ma non piu' fotocopie. Slanciati ma pieni, a meta' tra un Verdone ed un Canarino,
ovviamente verdi, senza accenno di calotta, remiganti e timoniere molto scure, dorso e ventre verdi con striature incomplete (non proprio scaglie e non piu' righe
continue, un disegno molto delicato). Marchi alari accennati, un filo di giallo, bellissimi. Uno dei tre era un po' piu' grande, uno piu' giallo ed uno piu' scagliato.
La femmina sembrava una canarina nero avorio, ma con la melanina piu' spalmata. Tutti e quattro con becchi e zampe scuri. Gia' pensavo a come e dove farli gareggiare,
quando mi girai perche' la Lizard chiamava insistentemente, e puntualmente le rispondeva uno "zizi'". Non volevano saperne di stare separati.
Pensando l'anno prossimo di prendere una coppia piu' un maschio, ero ben determinato a togliere dalla testa alla Lizard il suo Verdone, quindi non li rimisi insieme.
Passavano i giorni, i due continuavano a chiamarsi, anche se meno determinati, ma era il loro aspetto che mi colpiva. Giulietta (ormai la chiamavo cosi') era dimagrita,
e non stava mai ferma. Romeo invece stava in un angolo del gabbione, dal quale scacciava chiunque si avvicinasse, a piume gonfie, come se fosse malato o molto
infastidito. Da qui lanciava i suoi "zizi' e cicicici'". C'era poco da capire o da pensare, i due non volevano stare separati. Li misi insieme nella loro vecchia
gabbia di legno, e fu una mezz'ora di "cirrp', zizze'" sommessi pigolii, un verso emesso dal maschio che era pressapoco "cicicici'", e movimenti laterali con le code
e col corpo.
Io e Gennarino (la mascotte) concludemmo che, non potendo fare diversamente, era meglio cosi'. Ne parlai con altri allevatori, niente, a parte Roberto tutti mi
guardavano di traverso, o facevano il verso di bere dalla bottiglia. Non ci credeva nessuno. Avevo fatto un paio di foto, ma dalle foto non si capisce quasi mai niente.
Poi, gli ibridatori, allora, erano visti come allevatori di serie B dagli altri, gente che, non sapendo selezionare, tagliava per i campi accoppiando uccelli di specie
diversa, e portava a casa delle medaglie senza avere realmente combattuto.
I due coniugi trascorsero l'inverno in cantina anziche' in garage. All'aumentare delle ore di luce, aumento' pure l'attivita' della canarina, le misi a disposizione
nido e sfilacci e tutto ricomincio'. Io continuavo a dirmi che era molto difficile, erano due uccelli di specie diversa; uno dei due era di specie parzialmente
migratrice; i segnali vocali e corporei erano appena comprensibili, perche' qualche milione di anni di separazione genetica doveva per forza averli modificati in modo
determinante. Eppure, vederli covare sdraiati testa contro testa, sentirli pigolare reciprocamente, guardarsi, e poi vederli indaffarati coi novelli in maniera
impeccabile, dava da pensare.
Avevo altre coppie piu' o meno "affiatate" che davano ibridi, nel senso che si tolleravano abbastanza, a volte collaboravano, ma questa era una coppia "innamorata".
Fino ad allora avevo sempre pensato che i canarini coi loro affini facessero coppia perche' gli veniva imposto, ma che in natura sarebbero stati molto meno inclini a
queste unioni. Solo qualche coppia di Arricciati del Sud, uniti sempre tutti gli anni a causa della compensazione delle arricciature, dava una parvenza di attaccamento
coniugale. Ma questi due erano pazzi d'amore l'uno per l'altra! E non ci credeva nessuno! Possibile che fior di allevatori non avessero mai visto una cosa del genere?
Ma dove guardavano? Oppure ero io lo scemo? La zia era d'accordo con me, ed era l'unica a confermarmi che i canarini si innamorano.
Pero' e' pur vero che lei non aveva mai allevato altro che canarini comuni, a coppia fissa, senza nessun tipo di selezione, al massimo aveva fatto qualche incardellato
o qualche altro ibrido comune. Sosteneva comunque che alcune coppie, una volta fatte, era duro disfarle. Si meravigliava lei pure che ci fosse di mezzo un Verdone, ne
aveva avuti pochi, e di solito erano bravi con la femmina e coi piccoli, ma non cosi' attaccati. Pero' riteneva che il Lucherino ed il Verdone fossero i piu'
intelligenti tra i nostrani affini al canarino, e poi tutto era possibile.
L'unica cosa che ho capito di filosofia a quei tempi era che Renè Descartes, conosciuto come Cartesio, insigne matematico e filosofo, inventore degli assi appunto
detti cartesiani, sosteneva che gli animali, a differenza degli umani, fossero degli automi, cioe' degli esseri incapaci di qualunque sentimento e di qualunque forma
di pensiero organizzato, ma pensavo anche che Cartesio avesse preso un colossale granchio. O che fosse un perfetto imbecille. Non sono automi! La mia Lizard ne era la
prova vivente. Nessuno ci credeva, ma era cosi'. Per gli anni successivi, i due soggetti ebbero una vita tranquilla, facevano in media 4 - 5 piccoli all'anno, di
solito due per nidiata, con preponderanza di maschi. Giulietta non deponeva tante uova, spesso tre o quattro, ma anche due, qualche volta.
Non erano nemmeno dei mostri in quanto a fecondita'. Anche col passare degli anni, raramente vedevo tre piccoli in un nido, comunque erano abbastanza. La coppia non
perse mai un nidiaceo. Mortalita' infantile zero, che io ricordi! Se ne volevo di piu', usavo una balia, semprechè fossero sincronizzate le due deposizioni. Le femmine
ibride (poche) erano brave covatrici e allevatrici, i maschietti finivano nell'uccelleria di un amico, quasi in centro citta', e mi fruttavano bene, in un programma di
scambio in natura con mangimi e attrezzature. Cantavano a lungo e bene, imparavano anche altri canti, erano molto "musicali". Evidenziavano molto bene il fenomeno della
cosiddetta eterosi, o vigore ibrido.
Finii il Liceo. Iniziai l'Universita'. Ricomincio' la solfa. "Pensi di andare avanti ancora con quei nonsensi che gia' hai?". "La zia e' anziana, malata, e non ce la
fa piu'!"... "Tu dovrai studiare ventisei ore al giorno, come farai? Dico io". "Ti abbiamo comperato una macchina, ti diamo fiducia, dai via i canarini...". Per fortuna,
l'ultimo anno di liceo ero entrato in confidenza con altri due matti che cercavano il terzo. C'era nel mio liceo un bidello di aspetto un po' buffo, di nome Gino, che
noi della Societa' dell'Ultimo Banco avevamo soprannominato "Mortimer", per l'apparenza un po' lugubre, il quale mi aveva beccato una mattina nei bagni, mentre tentavo
di mettere in funzione un ingegnoso sistema con radio ricetrasmittenti, per passare via etere un compito in classe fondamentale ad altri gentiluomini della mia stessa
risma.
Era suo dovere deferirmi alla Corte Marziale o qualcosa del genere, ma, attendendo l'arrivo del Sig. Dott. Prof. Cav. Gr. Uff. Direttore Pereghi, Preside
dell'istituto, che mi avrebbe dovuto giudicare e condannare, si mise a scambiare quattro chiacchiere con me, in fondo era un buon uomo, e scoprimmo reciprocamente che
entrambi avevamo la stessa passione. Era un Allevatore di Rossi e Bronzo, ed un incardellatore folle! Me la cavai con una sua ramanzina, ma fui mandato a colloquio
col Vice-Preside De Nardis, che era allevatore di razze inglesi. Da allora nacque un sodalizio, una confraternita, una Loggia Massonica, tra uno Studente, un Insegnante
con particolari alti incarichi, ed un rappresentante dei lavoratori della scuola! Un inciucio sociopolitico basato sul Canarino! Quelli erano anni di contestazione,
zoccolo duro, Brigate Rosse ed Indiani Metropolitani, altro che consociativismo e riforme condivise, noi eravamo dei precursori dei tempi!
Verso la fine dei miei anni di Liceo, avendo il Vice-Preside Prof. De Nardis scoperto nell'edificio scolastico, durante un restauro, una stanza enorme non censita
sulle mappe (la scuola era un ex convento), di cui nessuno voleva occuparsi, ce ne appropriammo. Quella stanza ufficialmente non esisteva. E nessuna autorita' lo
voleva sapere. Era una rogna che nessuno voleva conoscere e gestire. Mettemmo in comune gabbie, attrezzature, e uccelli, e ne venne fuori qualcosa di stupendo. Con
voliere interne ed esterne (la non stanza aveva anche un piccolo non giardino). Anni d'oro! E soluzione delle diatribe familiari. Ognuno curava i propri, ma si
guardavano con piacere anche quelli degli altri due. La zia poteva essere lasciata in pace, del resto io in ultimo non la facevo piu' lavorare, ma solo la facevo
sentire utile.
E le portavo sempre le Pack al mentolo, raccomandandole pero' di fumarne poche. A casa rimase solamente Gennarino, che insolitamente mia madre amava ed
accudiva da anni personalmente. Anche Romeo e Giulietta finirono li', sempre nella loro gabbia di legno, tra lo stupore di Gino e di De Nardis. Siccome pero' De Nardis
era piu' colto della media degli allevatori di allora, ammise che quella coppia era troppo particolare, ed anche Gino ne era rimasto assai colpito. Passarono un altro
paio d'anni come sempre avevano fatto, guardandosi, chiamandosi ed allevando pulcini. I due erano comunque degni di ammirazione, perche' molto seri, domestici, due
uccellini positivi. Mai un problema, mai una malattia, sempre disponibili l'uno verso l'altro e verso i pulcini, accettavano anche piccoli di altre coppie.
Poi fini'. A fine inverno, il Verdone, che aveva circa otto anni, gonfio' le piume ed in due giorni apri' le ali e volo' nei cieli piu' alti ove un Verdone possa
volare. La sua femmina lo chiamo' per un paio d'ore, poi smise di fare qualunque cosa. Anche di mangiare. Il terzo giorno volo' da lui. Si erano ammalati entrambi?
Forse. Chissa'. Rimanemmo increduli in tre. Durai poco anch'io. Mio padre inizio' ad ammalarsi, di li' a pochi anni sarebbe poi scomparso, lasciai tutto ai miei soci,
ed iniziai a percorrere le strade del mio destino. Mi rimasero le medaglie, e gli attestati di partecipazione alle mostre dei giovani ibridi. Non accoppiai mai piu'
un Verdone ad una Lizard. Un giorno, se potro', provero' magari ancora, mi piacerebbe rivedere e sentire cantare ancora quegli splendidi incroci. Ma non sara' la
stessa cosa.
Forse.
Racconto di: Carlo Balestrazzi
Foto: Rete Internet
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