

Un tempo, ad aprile, iniziava nelle fattorie l'epoca delle cove dei volatili da cortile. L'agricoltore previdente provvedeva in questo mese, ed in quelli successivi di
maggio e giugno, a mettere in cova - in gergo popolare "a sedere" - qualche compiacente gallinella del proprio pollaio, al fine di procurarsi i pulcini da allevare
per la produzione dell'annata successiva.
Nei mesi estivi le aie e le corti dei caseggiati di campagna erano pertanto un brulicare di piccole creature svolazzanti, policrome ed eterogenee, dedite a becchettare
tutt'intorno con frenetica voracia, sotto il vigile controllo delle arruffate e bellicose chiocce. Queste erano per lo piu' galline, ma sovente si utilizzavano per
l'incubazione delle uova anche le tacchine. Le une e le altre venivano adibite alla cova secondo un magico rituale di iniziazione, fatto di una serie di scaramantiche
regola propiziatrici, bagaglio integrale ed inscindibile della patriarcale cultura contadina tramandata di padre in figlio.
Ad esempio: venivano escluse dalla cova le galline a piumaggio scuro, in quanto ritenute - a torto - poco dotate di istinto materno, mentre lo stesso criterio non era
seguito per le tacchine, notoriamente ottime chiocce, piu' corpulente delle galline e quindi in grado di incubare un maggior numero di uova.
Tacchine e galline venivano poste a covare appena mostravano spontaneamente l'insorgere di questo particolare istinto: smettendo di deporre uova e restandosene per
ore ed ore, immobili e gonfie, nei siti di deposizione. Tuttavia i contadini erano gelosi custodi di empiriche ricette per determinare la comparsa dell'istinto della
cova, nelle pollastre riluttanti.
Una di queste consisteva nell'ubriacare la bestiola, somministrandole del pane intriso di vinello bianco. Con questo espediente la gallina ubriaca presentava una
transitoria depressione del sensorio, a causa dei "fumi dell'alcool", e finiva per manifestare un comportamento simile a quello della chioccia. L'agricoltore
provvedeva allora a sistemarla in un paniere, ove in precedenza aveva riposto - su di uno strato di paglia - le preziose uova da cova; richiudendo poi il contenitore
con un altro paniere, cosi' da costringere la chioccia imprigionata a scaldare le uova.

I risultati di questa irrazionale forzatura erano quasi sempre negativi: la "chioccia forzata" riavutasi dalla sbornia, affamata, finiva spesso per nutrirsi delle
uova da cova.
Tuttavia a volte l'espediente sortiva successo, non evidentemente per la fondatezza scientifica del metodo, quanto per il naturale sopraggiungere
dell'istinto della cova in uccelli ad attivita' riproduttiva primaverile, stimolata dall'allungamento del fotoperiodo e dall'incremento della temperatura ambientale.
Particolarmente curata era la scelta delle uova. Si riteneva che quelle grosse e rotonde fossero gallate, mentre quelle dalla sagoma oblunga, sterili. Il numero delle
uova da mettere in cova doveva essere pari se si preferiva ottenere nidiate con prevalenza di pulcini di sesso femminile, dispari se si volevano pulcini di sesso
maschile.
Alcune contadine - in un irrazionale ancestrale intreccio di sacro e profano, magico e religioso - erano solite benedire le uova da cova con acquasanta, al fine di
favorire la schiusa e ridurre il numero delle uova chiare. Anche la luna si riteneva esercitasse un indelebile influsso sull'esito delle cove. Le fasi di luna
crescente erano indicate come le piu' idonee per l'incubazione delle uova, al contrario del periodo di luna calante. A ben considerare dunque, l'ingenua fantasia dei
contadini non ammetteva limiti!
Le covate erano frequentemente "miste". Vale a dire che le uova date in custodia alle chiocce sovente non appartenevano ad un'unica specie di gallinaceo, ma a piu'
specie differenti. Alle uova di oca - richiedenti un tempo di incubazione di circa trenta giorni - al secondo giorno di cova si aggiungevano uova di tacchina, con un
periodo di schiusa di ventotto giorni. A quelle di gallina faraona - esigenti un'incubazione di venticinque giorni - al quarto giorno si sommavano uova di gallina,
che necessitano di una cova di ventuno giorni.
Nascevano cosi' nidiate assortite di impareggiabile effetto vitale. Pulcini di varia foggia ed aspetto, abitudini ed attitudini, convivevano sotto lo stesso tetto,
quello fornito dalle ali della premurosa mamma-chioccia, in una singolare mescolanza di animate essenze. Il tacchinotto timido ed introverso, era fratellastro del
vispo e furbastro pulcino. L'anatroccolo dall'andatura incerta e dinoccolata, sempre alla ricerca di una pozzanghera dove sguazzare, nasceva con la vivacissima
faraoncina, restia al minimo contatto con l'elemento liquido.
I piccoli in parte provvedevano da soli alla propria alimentazione, raccogliendo sulle aie ove venivano messi a razzolare sin dai primi giorni: piccoli insetti, larve,
essenze prative, semi di piante spontanee; in parte provvedeva a nutrirli l'allevatore, somministrando ad essi: riso frantumato e pastoni a base di crusca, siero di
latte e foglie bollite di malva, quest'ultimo alimento vegetale particolarmente indicato per l'allevamento dei tacchinotti.
Oggi tutte queste antiche e laboriose operazioni rurali sono scomparse, con il rarefarsi di una civilta' contadina forse destinata alla totale estinzione.
Alle aie di una volta, alle corti chiassose e traboccanti di vita, si sono sostituiti i grossi capannoni climatizzati dei moderni allevamenti zootecnici. Alla gallina
ruspante, si e' sostituita la gallina in batteria. Alla chioccia, piccola montagna pulsante di amore materno, la morta macchina incubatrice automatica. Al riso
spezzato ed alla malva bollita, i pellets ed i concentrati integrati con insalubri farmaci auxinici.

Il pollo oggi e' pronto per la mensa dopo un ciclo di ingrasso di poco meno di sessanta giorni, mentre ieri ci volevano almeno venti settimane per trasformare un
pulcinotto ruspante in un sapido galletto, degno d'esser rosolato allo spiedo.
I tempi cambiano, la tecnologia incalza e cio' che oggi viene correntemente definito "Progresso" - non senza un velato, sottinteso senso di ironia - imperversa al
pari di un ciclone che distrugge tutto quanto trova sul proprio percorso.
Muore cosi' un po' anche l'uomo, privato della sua vecchia, saggia ed al tempo stesso irrazionale cultura. Muoiono le sue tradizioni, le arcaiche credenze. Nasce il
bipede tecnocrate, "essere perfetto", papa' delle biotecnologie e degli organismi geneticamente modificati... Individuo totalmente alieno ad ogni partecipazione
emotiva che trascenda lo stretto razionale.
Ricordi della mia infanzia, del pollaio di nonno Pietro e di papa' Riccardo.
Racconto di: Francesco Chieppa 
Foto: Alessandro Negrini - Rete Internet