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L'ornicoltura e' una branca minore dell'ornitologia. L'ornitologia com'e' noto si occupa dello studio degli uccelli, l'ornicoltura invece affronta tecniche e metodiche
di riproduzione ed allevamento delle specie ornitiche in cattivita'. Ambedue le discipline sono tuttavia profondamente interdipendenti, poiche' sara' a tutti chiaro
che senza una conoscenza approfondita della biologia di una specie animale, non e' possibile pianificarne la sua riproduzione in ambienti artificiali.
L'ornitologia ha attualmente dignita' di scienza ufficiale e si insegna nelle Universita', nell'ambito dei corsi di zoologia ed etologia; l'ornicoltura, viceversa,
come zoocoltura minore, resta tuttora quasi integralmente confinata in un limbo di spontaneismo amatoriale e l'allevamento degli uccelli, viene praticato da appassionati
ornicoltori che sperimentano totalmente in proprio le tecniche piu' efficaci per la migliore conduzione degli aviari, senza poter contare, se non in via del tutto
sporadica e straordinaria, sul contributo operativo di istituzioni scientifiche e di ricerca.
Eppure, l'ornicoltura e gli ornicoltori hanno spesso incrociato la strada della conservazione di specie minacciate di estinzione. Allorche' e' stato necessario
riprodurre in cattivita' uccelli che in Natura versavano in stato di grave rarefazione numerica, l'ornicoltura e' andata in soccorso di ornitologi e naturalisti,
fornendo il proprio bagaglio di nozioni, fatto soprattutto d'esperienza di campo, per la migliore moltiplicazione delle specie di volatili gravemente rarefatte negli
areali d'origine. Con la finalita' ultima di realizzare delle mirate reintroduzioni negli ecosistemi originali, di soggetti allevati in cattivita'.
La riproduzione in ambienti artificiali, e' infatti suscettibile di successi ben piu' cospicui che in Natura. In cattivita' non vi sono predatori. L'alimentazione e'
scientificamente studiata, sotto l'aspetto quantitativo e degli apporti nutritivi, e viene direttamente fornita ai volatili dall'uomo. In un contesto di allevamento
artificiale, e' curata la profilassi contro le ornitopatologie piu' diffuse ed eventualmente la loro terapia. Questo riduce sensibilmente le perdite di riproduttori e
relativa prole, particolarmente gravi quando la specie riprodotta sia a rischio di estinzione.
Potrei citare tanti esempi circa l'impiego di tecniche e competenze dell'ornicoltura, sfruttate da ornitologi e biologi per tentare di salvare specie di uccelli. Tra
tutte cito l'emblematico caso rappresentato da un uccello esotico - il Tordo nero (Petroica traversi) - che sino all'inizio degli Anni Ottanta del secolo scorso, era
considerato il piu' raro del mondo. Trattasi di un volatile con areale d'elezione nelle Isole di Chatham, in Nuova Zelanda.
Nel 1981, la specie era ridotta ad appena due coppie! Intervennero gli organismi protezionistici internazionali come il Wildlife Service che tra le altre tecniche di
conservazione adottate, utilizzo' la metodica di dare a balia le uova del Tordo nero a coppie di Cince, cosi' da favorire ripetute nidificazioni della specie oggetto
di intervento. In condizioni naturali il Tordo nero effettua una sola deposizione l'anno, di due sole uova, una delle quali per solito e' sterile. La tecnica di
utilizzare balie per favorire la riproduzione di specie di volatili, rinviene dalla ornicoltura amatoriale ed e' da sempre proficuamente impiegata, per la riproduzione
delle razze di Canarino particolarmente selezionate e sofisticate.
A Tenerife, Isole Canarie (Spagna), esiste la Loro Parque Fundacion: fondazione che raccoglie ed alleva - sotto la supervisione di un competente staff di medici
veterinari e l'ausilio di tecniche e strutture d'avanguardia - migliaia di pappagalli di diversi continenti. Partecipando a progetti internazionali di riproduzione captiva e
reintroduzione in Natura, di specie particolarmente minacciate d'estinzione.
Non ha dunque senso logico, demonizzare per semplice partito preso l'allevamento di specie alate in stato di cattivita', perche' questa tecnica risulta essere spesso
l'ultima ed unica via, per allontanare da alcune di esse lo spettro di una definitiva scomparsa dal Pianeta, come gia' accaduto in passato per diverse specie di
uccelli.
Ma veniamo alla pratica dell'allevamento amatoriale di uccelli cosiddetti da affezione. Il loro ambiente di vita domestico e' naturalmente la gabbia che, certamente
suscita negli amici animalisti e protezionisti vivo disappunto! Perche' relegare in pochi centimetri quadrati di maglia metallica, creature alate destinate a librarsi
libere nella immensita' dei cieli? Posta cosi' la questione - in termini emotivi - non puo' che suscitare un'unanime condanna della pratica dell'allevamento in
cattivita'. E' plausibile!
Tuttavia noi dobbiamo andare alle origini della domesticazione delle piu' diffuse specie di uccelli, oggi mantenute in molte delle nostre abitazioni come animali di
affezione. Mi riferisco per semplicita' al Canarino (Serinus canarius) che tutti voi certamente conoscete. L'uccellino fu introdotto per la prima volta in Europa dalle
Isole Canarie, nel 1402, merce' i conquistadores spagnoli comandati dal capitano Jean de Bethencourt, dopo l'annessione alla Corona di Spagna dell'arcipelago
nordafricano. Facevano parte del tradizionale bottino di guerra, anche alcuni verdognoli maschi della specie, catturati dagli spagnoli affascinati dal loro canto
melodioso.
Naturalmente, se ragionassimo con l'odierna diffusa sensibilita' ed alla luce dei progressi etici e delle conquiste civili e morali, maturate dalla nostra attuale
societa', ci sembrerebbe certamente un grave sopruso prelevare dall'ambiente naturale una cosi' leggiadra creatura selvatica, per costringerla a vivere in gabbia.
Ma queste scontate considerazioni, non trovavano pari riscontro nella logica e nel sentire degli uomini di sei secoli fa. Allorche' si concepiva una visione
dell'ambiente naturale e delle specie, in termini antropocentrici totalmente utilitaristici. Mentalita' specista e razzista che, dopo la scoperta dell'America,
produsse addirittura per lunghi anni lo sfruttamento in catene dell'uomo negro da parte dell'uomo bianco.
Tornando al Canarino, dopo l'ingresso in Europa, l'uccellino divenne oggetto di attenzioni ed allevamento presso le corti reali dell'epoca ed il suo geloso possesso,
fu per molti anni prerogativa esclusiva di nobili ed aristocratici, soliti ostentare, come vero e proprio "status symbol", le loro fastose voliere popolate dal
virtuoso cantore delle isole Canarie. Verso la fine del 1500 comparvero i primi Canarini gialli alla corte di Elisabetta 1^ d'Inghilterra e la mutazione fece talmente
tanto scalpore, che si grido' al prodigio - in un'epoca storica che ancora non aveva scoperto la genetica - tanto che l'allora giovane Shakespeare, compose addirittura
un poemetto, per immortalare il sensazionale evento.
Da quel momento in poi, le mutazioni del nostro serinus ormai domestico, si avvicendarono in cattivita' con regolare frequenza, trovando ulteriore impulso selettivo da
parte dell'uomo a fine 1800, allorche' l'abate Gregorio Mendel enuncio' le basi della moderna genetica: scienza che studia l'ereditarieta' dei caratteri degli esseri
viventi.
Nel 1895, l'ibridazione di una femmina del domestico Serinus canarius con un esotico sudamericano dalla fiammante livrea rosso-scarlatta: lo Spinus cucullatus
(Cardinalino del Venezuela), permise di introdurre nel nostro canarino il "fattore rosso" e, da quel momento, comparvero i canarini a piumaggio rosso, resi tali dalla
trasmissione di geni parentali ad effetto pigmentante, capaci di fissare nel piumaggio del pennuto i carotenoidi contenuti nella sua dieta. Oggi esistono al mondo
diverse decine di razze di Canarino domestico, talune morfologicamente molto diversificate, e varie centinaia di assortimenti cromatici e varietali di piumaggio.
Il nostro canarino: odierno pet compagno dell'uomo, non ha piu' nulla dell'antico progenitore selvatico e non potrebbe piu' essere oggetto di reintroduzione negli
ambienti naturali. Ha totalmente perso l'originale colorazione mimetica del suo piumaggio e risulterebbe sin troppo evidente ai predatori, tra il verde degli alberi
o sulla nuda terra, ostentando una vistosa livrea color giallo, rosso, bianco, blu. La sua esistenza e' ormai inesorabilmente a fianco dell'uomo e la gabbia, che
l'ornicoltore moderno sa dotare di ogni confort e rifornire di nutrienti cibi assai apprezzati dal nostro virtuoso fringillide, che piaccia o meno e' l'unico habitat
compatibile con questa specie, resa transgenica da pregresse mutazioni naturali ed ibridazioni interspecifiche. In sostanza il nostro attuale canarino domestico, e'
un vero e proprio OGM (Organismo Geneticamente Modificato).
La stessa evoluzione morfologica e diversificazione razziale alle quali e' andato incontro il canarino ancestrale, ha investito altre specie di volatili, catturate e
rese domestiche decine di anni fa dall'uomo. Ulteriore tangibile esempio in tale direzione, ci e' fornito da un simpaticissimo e frequente ospite delle odierne
abitazioni: il Pappagallino ondulato (Melopsitacus undulatus). Originario del continente australiano donde e' stato introdotto in Europa alla fine del 1700, il
parrocchetto si e' subito ben adattato alla vita captiva, originando differenti razze e varieta'. Oggi abbiamo ceppi di Pappagallino ondulato cosiddetti "inglesi" che
vengono selezionati ed esposti alle mostre ornitologiche in relazione alla taglia, forma e proporzioni, mentre altri pappagallini definiti "di colore" e di dimensioni
piu' minute, sono allevati e selezionati per varieta' e bellezza di colorazione della loro livrea.
Certo, non e' mia intenzione, da ambientalista convinto ed ex militante di movimenti ecologisti, rinnegare che in passato molte specie di uccelli, soprattutto esotiche,
siano state oggetto di cattura per alimentare remunerativi traffici commerciali verso i Paesi occidentali e soddisfare una domanda che proveniva eminentemente da certi
settori dell'ornicoltura e del collezionismo amatoriale. Tuttavia nell'epoca attuale vigono ben precise normative internazionali e nazionali a tutela della fauna
protetta, e severe leggi contro il maltrattamento degli animali.
Vi assicuro che le organizzazioni che riuniscono gli allevatori amatoriali e coordinano tutte le attivita' di allevamento, come la nostra F.O.I. "Federazione
Ornicoltori Italiani", sono estremamente sensibili a queste legislazioni ed in prima fila nell'invocarne l'assoluto rispetto. Non si puo' comunque criminalizzare tutta
una categoria, per le deprecabili episodiche infrazioni che dovessero essere talora rilevate, dagli organismi preposti all'osservanza di dette discipline di tutela.
Mi preme inoltre far rilevare che le nostre associazioni di allevatori, attraverso la riproduzione in cattivita' di ceppi domestici di volatili, alimentano il mercato
del pet: vero e proprio fenomeno sociale in dilagante espansione, determinato apparentemente da un diffuso tentativo di omologazione di massa, ma in realta' dettato
da profonde sollecitazioni e bisogni interiori umani, come ad esempio: la necessita' di colmare il senso di solitudine che attanaglia l'uomo contemporaneo, figlio
dell'odierna snaturante societa' industriale.
La presenza di un pet in eta' evolutiva - e mi preme al riguardo evidenziare come gli uccelli domestici siano tra i pets piu' diffusi, statisticamente secondi ai soli
pesci tropicali d'acquario - ha un indelebile effetto formativo sul fanciullo in tenera eta', educandolo alla biodiversita' ed al rispetto per gli esseri viventi del
Pianeta. Tutti noi che amiamo gli animali e la Natura, ci siamo certamente accostati per la prima volta a questi elementi, da bambini, attraverso il possesso di un
uccellino, pesciolino, o altro piccolo amico animale, regalatoci dai nostri genitori. E guai se non fosse cosi'!
Se gli ornicoltori amatoriali dovessero farsi un esame di coscienza, dovrebbero certamente ammettere di portarsi dietro un vecchio peccato originale, commesso dai
nostri antichi padri: quello di aver costretto in gabbia le leggiadre creature alate, da noi oggi allevate con tanto amore e dedizione, allontanandole definitivamente
dalla sconfinata estensione di albe e tramonti, vissuti in totale liberta'. Tuttavia questa nostra originale trasgressione, alla quale oggi non possiamo piu' rimediare,
e' simile a quella commessa dai nostri progenitori che resero domestico il lupo (Canis lupus) facendone discendere il cane. Il Bos primigenius, derivandone il bue
domestico; l'Equus przewalskii, antesignano delle tante razze di cavallo, utilizzate in passato anche nei conflitti bellici.
La storia dell'uomo si intreccia profondamente con l'addomesticamento delle specie animali e se dovessimo ritenerci per questo colpevoli, dovremmo rinnegare la nostra
specie, la sua evoluzione, la sua storia! L'allevamento di volatili, consente - al contrario - di poter contare oggigiorno su delle preziose riserve biologiche,
limitatamente alle specie che meno si sono modificate in cattivita', da utilizzare per oculati progetti di reintroduzione in Natura, qualora, Dio non volesse, esse
versassero negli areali d'origine in pericolo di estinzione. Mentre, al contrario, la deprecabile immissione negli ambienti naturali di specie alloctone e/o profondamente
diversificate in cattivita', rispetto agli esemplari originari, e' foriera solo di pericolosi inquinamenti genetici varietali, di competizione di nicchia ecologica e
di stravolgimento degli atavici e gia' precari odierni equilibri degli habitat.
Rendere poi la liberta' ad un giallognolo canarino domestico, o ad una cocorita color malva, serve solo a decretarne una fine rapida e prematura, qualora le bestiole
- ormai inette a procurarsi il cibo in tutta autonomia ed appariscenti prede per gatti ed uccelli rapaci - non venissero rinvenute da qualcuno disposto a prendersene
cura.
L'allevamento in cattivita' di specie alate, ha consentito di studiarne con dovizia i complessi meccanismi della riproduzione, di approfondire la biologia
generale delle specie e talune problematiche di patologia aviare. In campo medico lo studio del Sistema Nervoso Centrale del canarino domestico (che dispone di alcuni
nuclei nervosi deputati a governare il fenomeno del canto nei maschi, soggetti a periodica ricrescita ed involuzione), ha permesso di smentire parzialmente il vecchio
dogma biologico della irriproducibilita' della cellula nervosa (il neurone), alimentando la speranza di poter isolare dei fattori di crescita neuronali, da utilizzare
in talune patologie neurologiche della nostra specie. Cosi' come lo studio del virus del diftero-vaiolo del canarino, ha prodotto l'allestimento mediante tecniche di
ingegneria genetica, di nuovi vaccini antivirali da utilizzare per la profilassi nelle specie di animali da reddito.
In conclusione vorrei ribadire che non sempre la gabbia rappresenta un tetro strumento di contenzione e di privazione della liberta'. Talora puo' acquisire il ruolo
di comoda e confortevole micronicchia e microhabitat per quei volatili che l'uomo, secoli fa, certamente per uno dei tantissimi torti commessi a Madre Natura, ha reso
suoi domestici compagni di vita. E vi garantisco sinceramente che noi ornicoltori hobbisti, amiamo profondamente questi nostri piccoli beniamini piumati, ai quali
dedichiamo tanta parte del nostro tempo libero. Ed essi ci ricambiano con i loro smaglianti colori, la loro innata vivacita' di comportamenti, i loro canti modulati e
melodiosi.
Attraverso le numerose mostre ornitologiche che la FOI - la nostra Federazione nazionale - organizza annualmente in tutta la Penisola, noi ornicoltori facciamo
dell'importante divulgazione didattica, promuovendo la conoscenza delle specie alate ed educando di conseguenza all'amore ed al rispetto per queste miti e vulnerabili
creature e per il loro ambiente naturale.
Editoriale di: Francesco Chieppa
Foto: dalla rete
estratto dalla relazione presentata dall'autore al Convegno FOI di Macerata del 3 ottobre 2003: "Legislazione, Istituzioni ed Istituti a tutela di fauna
selvatica ed animali domestici".
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